Un bambino privato del papà viene alienato, ovvero plagiato ad odiarlo. Il giudice nomina un perito, che relazione che il bambino è vittima di Alienazione Genitoriale (PAS). Il giudice fa il suo dovere, come richiesto dalla Corte Europea per i Diritti Umani in sentenze che hanno condannato l’Italia: proteggere il bambino allontanandolo dalla madre.
Mesi dopo, nulla di fatto. Subito prima dell’udienza quattro femministe di centri anti-violenza hanno organizzato una conferenza stampa, in cui hanno propagandato la loro ideologia: «affido condiviso espone le donne e i figli all’arbitrio di uomini violenti», secondo quanto una di loro ha scritto di se stessa sul Fatto Quotidiano. Riferisce anche che hanno minacciato di denunciare le istituzioni che proteggono i bambini dagli abusi materni ai sensi di quella Convenzione di Istanbul che, fatta votare dalla femminista Boldrini, discrimina contro gli uomini ed i padri, stabilendo apoditticamente che le donne sarebbero vittime di una immaginaria “violenza di genere”, quando le ricerche in materia di violenza domestica trovano che è invece operata da un eguale tasso di donne e uomini. La convenzione femminista è l’equivalente moderno delle leggi razziali fasciste.
Risultato: secondo quanto le femministe raccontano, il giudice avrebbe annullato la protezione del bambino.
L’inglese Erin Pizzey, fondatrice dei centri anti-violenza che aiutavano sia uomini che donne, racconta come con umanità proteggeva i bambini dall’alienazione e dalle false accuse:
«Una donna minuta, L., arrivò al rifugio con una bellissima piccola bambina. Rimasi colpita dall’aggressività della madre. Urlando denunciava che suo marito R. la aveva picchiata […] Fu difficile accogliere L. nella nostra comunità. Era irritabile con la piccola, ed una delle mamme espresse il suo timore che avrebbe potuto picchiarla.
Mi telefonò suo marito R. Aveva sentito del centro dai media e mi chiedeva se sua moglie e sua figlia fossero lì. Quando arrivò – un uomo piccolo quasi quanto la moglie – la sua versione della storia era molto diversa. […] Lavorava come custode del palazzo dove vivevano, quindi stava molto a casa, ed era lui che principalmente accudiva la piccola. La bambina aveva problemi allo stomaco e non cresceva. All’epoca, nessuno dei dottori sospettò che la madre fosse violenta e che la figlia soffrisse di stress emotivo.
R. mi pregò di vedere sua figlia, e la madre con riluttanza fu d’accordo, così assistetti all’incontro. Era in lacrime quando poté coccolare la figlia, che gli gettò le braccia al collo, e così constatai che la piccola aveva un legame emotivo più forte con lui che con L. Dopo mi disse che L. cercava un avvocato per divorziare e che voleva impedirgli di avere contatti con la figlia. Lo mandai a casa dicendogli che avrei fatto il possibile per farla ragionare. Era d’accordo nel dare qualunque mantenimento L. avesse voluto pur di avere contatti regolari con la figlia.
L. rifiutò. Le dissi che non potevamo assecondare la sua affermazione di essere vittima del marito. Vedendo il suo comportamento e la sua relazione con la figlia, non avevo dubbi che la piccola sarebbe stata molto meglio con suo papà.
Poco dopo L. portò la figlia e le sue cose in un altro centro. Telefonai e chiesi di qualcuno con cui discutere il caso. In tono gelido mi dissero che non c’era nessun caso da discutere: la donna era vittima della violenza dell’uomo e questo era tutto.»
Purtroppo le femministe si sono poi impadronite dei centri anti-violenza, trasformandoli in centri sessisti. Erin Pizzey oggi dice:
«Le femministe distorsero il tema della violenza domestica, non solo in Inghilterra, ma internazionalmente.
Presero i soldi che ricevevamo dallo Stato, ed ebbero una scusa legittima per odiare tutti gli uomini. Inventarono slogan fasulli “tutte le donne sono vittime innocenti della violenza maschile”. Aprirono tanti centri, ed impedirono agli uomini di lavorarci, cacciandoli anche dagli organi di controllo governativi. Lentamente, fecero il lavaggio del cervello alla polizia, nascondendo gli studi che mostravano che anche gli uomini erano vittime. Sotto la copertura dei centri anti-violenza che danno loro fondi e strutture per portare avanti la guerra di genere contro gli uomini, le femministe hanno iniziato a diffondere dati tendenziosi.Il movimento femminista ovunque ha distorto il problema della violenza domestica per i propri fini politici e per riempirsi i portafogli. […] Osservai le femministe costruire le loro fortezze di odio contro gli uomini, dove insegnavano alle donne che tutti gli uomini erano stupratori e bastardi. Testimoniai il danno fatto ai bambini in tali centri. Osservai i “gruppi di consapevolezza” progettati per plagiare le donne e far loro credere che i mariti fossero nemici da sradicare. Vidi che i padri ed i bambini venivano perseguitati negando i loro diritti.
Capii che il femminismo è una frode. Sia le donne che gli uomini possono essere crudeli. L’unica cosa di cui un bambino ha davvero bisogno, i suoi genitori assieme sotto lo stesso tetto, viene minata dall’ideologia che dice di difendere i diritti delle donne» [Erin Pizzey, da “This Way to the Revolution: A Memoir”, “Prone to Violence”, “From The Personal To The Political”].
La senatrice Anne C. Cools, fondatrice dei centri anti-violenza in nord-America, racconta una vicenda simile: i centri da lei fondati
«furono presi da persone con diversi punti di vista ideologici … ogni uomo che viene falsamente accusato di abusi sui figli viene gravemente danneggiato se non distrutto, è una tecnica che viene usata abbondantemente da 15-20 anni, a partire dal 1989». [A.C. Cools, conferenza ICMI 2014]
E ancora: la donna che a metà degli anni 70 fondò WEAVE (Women Escaping a Violent Environment, “donne che fuggono da un ambiente violento”) in California dovette fuggire dal centro da lei fondato perché
«femministe radicali entrarono nella dirigenza e rimpiazzarono il suo sistema basato su di un trattamento familiare con un modello femminista basato sull’ideologia di genere». [J. Hamel e T.L. Nichols edit., “Family Interventions in Domestic Violence: A Handbook of Gender-Inclusive Theory and Treatment”, New York: Spring Publishing Co., 2007, p. 312].
Il sociologo tedesco professor Gehrard Amendt inizialmente sostenne tale centri, ma ha ora riconosciuto che sono degenerati in «focolai di misandria» [Fonte: Die Welt] e propone di tagliare i fondi a questi centri, chiuderli e sostituirli con centri di mediazione liberi da ideologie:
I centri basati sull’ideologia femminista non sono più necessari. Le famiglie con problemi di violenza hanno invece urgente bisogno di una rete di centri di ascolto che possano fornire aiuto non politicizzato e non sessista a tutte le persone. Nel futuro abbiamo bisogno di sostituire i centri femministi con centri di supporto per famiglie con conflitti violenti. Sarebbero gestiti da uomini e donne ben preparati che cooperano sulla base dell’etica professionale, intervenendo durante le crisi familiari violente.