Vogliamo parlare — perché questo ci compete come testata giornalistica centrata sulle pari opportunità — del velo che questa fiction (Sarò sempre tuo padre, con Beppe Fiorello) ha contributo a squarciare rispetto ad un problema sociale che investe oltre due milioni di famiglie italiane: quello delle cattive separazioni, da cui discendono più o meno spaventose guerre di genere che stanno precarizzando l’esistenza di troppe persone, di troppi bambini.
Su uno dei prossimi numeri parleremo degli abusi veri e di quelli falsi, di 950mila bambini orfani di un genitore vivo (che vedono una sola volta a settimana) e di altri 120mila tolti ad entrambi e spediti in comunità; di trafile giudiziarie che impoveriscono le persone non solo materialmente e sono totalmente asincrone rispetto ai tempi di crescita dei minori coinvolti; ci interrogheremo sul senso delle case per papà separati, che diversi Comuni stanno aprendo e che, paradossalmente, certificano una nuova fascia di disagio sociale creata dalle istituzioni medesime.
Dietro le “separazioni violente” c’è un problema di diritto e di diritti, di cultura delle pari opportunità.
Quello che esplode dopo che la coppia scoppia è un disagio che viene da lontano. I padri dovrebbero occuparsi dei figli fin da quando sono ancora nella pancia delle mamme e condividere con queste ultime tutte le esperienze genitoriali successive. Perché ciò accada devono fare un salto convinto in avanti gli stessi padri, le madri e il mondo del lavoro, che dovrebbe adeguare tempi e pretese. Non a caso tra le proposte di legge sottoscritte da Geniodonna c’è anche quella per rendere obbligatori i congedi parentali per gli uomini.
Ma, per ora, all’orizzonte non si vedono soluzioni certe e soddisfacenti. E quando non si percepisce la luce oltre il tunnel non può che salire la tensione, persino tra persone che si amano o si sono amate.
E che poi magari si ritrovano in tribunale, vittime (o peggio complici) di due estremi opposti che finiscono per toccarsi: il veteromaschilismo di giudici che non si sono mai occupati dei loro figli e non capiscono perché un papà dovrebbe essere ancora interessato ai suoi dopo che ha rotto con la moglie, e il cosìdetto nazifemminismo (così chiamato nei vari blog e gruppi nati di recente su internet, ma un grecista lo definirebbe “sindrome di Medea”), quello che non disdegna nemmeno le false accuse di abusi, su se stesse e sui minori, per distruggere l’ex marito.
Chissà quando arriverà il giorno in cui anche noi poveri italiani ci meriteremo un ministro come Segolene Royal, che nel 2002 varò la legge sulla residenza alternata, che non lascia dubbi su che cosa debbano fare i separati: i bravi genitori, dediti ad occuparsi in egual misura dei figli.
Pietro Berra
Fonte: Geniodonna n. 27/28, pag. 21. Gennaio/febbraio 2012.
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